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Stefano Albenga racconta Tenuta Grillo: il Baccabianca di Guido Zampaglione

La caratteristica che più rappresenta Guido Zampaglione è il suo aspetto da ragazzino, saranno i suoi tratti somatici, la sua espressione… Ma anche ora che ha passato da qualche mese i 40 anni, il suo aspetto ricorda quello di un adolescente con gli occhi luccicanti e pieni di curiosità. Quando parla della sua storia, è come se fosse un portatore sano di emozioni.

Inizia in Irpinia, poi sente la necessità di evolvere, esplorare. Trascorre anni cercando la terra promessa, il posto ideale dove produrre un vino tutto suo che lo rappresenti. Dopo decine di incontri e qualche compromesso, sulla via (no, non di Damasco) di Gamalero, trova Tenuta Grillo. Tra le mille caratteristiche che riscontra, quella di rivalutare una azienda ancora gestita con totale metodologia contadina lo affascina oltre modo. Questo garantisce terreni ancora privi di contatto con la chimica, o diserbanti. Un paradiso, sebbene non sia Langa né Montalcino. Sarebbe giusto raccontare tutta la sua produzione, ma ci concentreremo con il Baccabianca.

cascina grillo
32 ettari di proprietà, 17 vitati, alcuni di questi filari sono a Cortese. Un vitigno nobile ma sempre un poco sottovalutato. E proprio per questo ha vissuto tensioni di mercato piuttosto importanti, nessuno voleva pagare l’uva a sufficienza. Guido ha deciso quindi di vinificare la parte migliore della vigna e farci un vino per lui e la famiglia. Ovviamente i riferimenti erano bianchi macerati di alcuni fuoriclasse, Gravner e Radikon per citarne solo alcuni. Ci possiamo aggiungere la frequentazioni con Giulio Armani, uno dei pionieri per questo tipo di vinificazione così delicata. Ultima caratteristica: i terreni su cui questa vite prospera sono sabbiosi, garanzia di buon drenaggio e quindi di vini eleganti e fini.

E poi c’è la mano di Guido, l’elemento che equilibra tutto. Lui sostiene che il Cortese riesce ad esprimersi al meglio soprattutto dosando le rese in vigna, cioè spingendo per produrre tanti grappoli per pianta. Questo rischia di farlo diventare un vino senza tratti distintivi ma, limitando questa vigoria, si riesce a portare in bottiglia un vino inaspettato. Per capirci meglio: 60 giorni di contatto con le bucce, affinamento in acciaio e imbottigliato almeno dopo il secondo anno dalla vendemmia, riposo in bottiglia. Attualmente è in consegna l’annata 2011!

baccabianca

Quando parli con Guido, lui rende tutte queste spiegazioni clamorosamente normali: sostiene che il vino lo fa come avrebbe fatto suo nonno, durevole nel tempo, con una maggiore attenzione in vigna e soprattutto alla pulizia in cantina cercando di fare in modo che i batteri “non gli facciano la festa”! Il risultato finale è un nettare per appassionati che esprime le massime potenzialità con l’abbinamento al cibo. Nei testi antichi che parlano delle uve Cortese, un profumo spesso citato è la liquirizia. Ebbene, nel suo Baccabianca la sensazione di questa deliziosa radice è presente in modo netto e preciso, qualcosa che difficilmente si riscontra nelle bottiglie di Cortese presenti di solito sul mercato. Proprio per questo motivo, nei primi anni di produzione, non era sempre possibile uscire come vino DOC, chi era preposto a decidere non era forse così pronto a percepirne le potenzialità. Purtroppo essere pionieri ha il suo prezzo!

Ma le soddisfazioni si leggono negli occhi di Guido, quando parla di questi anni di evoluzione e guarda i suoi colleghi amici viticoltori del Piemonte che si stanno cimentando adesso sulle lunghe maturazioni. Sottolinea con malcelata soddisfazione (gli si alza il sopracciglio e gli estremi delle labbra, tipo Joker) che è stato lui emigrante campano a produrre 20 anni fa il primo macerato bianco piemontese, mentre oggi si contano sul mercato circa 60 etichette con la stessa metodologia. E sorride sempre con quella sua espressione da giovinetto…

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