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Be Grapeful: non chiamatela (solo) IGA

Il Birrificio Della Granda invita birrai di tutto il mondo a confrontarsi con un ingrediente fortemente identitario come il mosto d’uva per produrre una serie di limited edition che hanno molto da raccontare

Bevo birra perché bere birra significa non essere da nessuna parte. Così Luciano, un tassista langarolo creato dalla penna di Nico Orengo, spiegava la sua passione per la birra come un atto di ribellione nei confronti della cultura e della tradizione delle Langhe. La birra, però, può essere a sua volta estremamente territoriale e non soltanto per quanto riguarda i suoi ingredienti principali – come l’acqua, il malto o il luppolo – ma per un elemento terzo, assolutamente caratterizzante, come l’uva. Ne è convinto Ivano Astesana, fondatore del Birrificio Della Granda, che usa il mosto d’uva proprio per parlare di birra con il mondo. Il mosto d’uva è un elemento immediatamente percepibile al gusto per chi beve e contemporaneamente un ingrediente versatile che pone delle sfide alle diverse tradizioni brassicole. Ecco perché ha deciso di togliere le IGA (Italian Grape Ale) dalla nicchia in cui spesso si è trovata cioè quella di uno stile tra tanti, per darle un valore più ampio e comprensivo: una filosofia, un modo di intendere la birra.

Bisogna partire da questa Rivoluzione Copernicana concettuale per comprendere il progetto Be Grapeful che vede il Birrificio Della Granda ospitare birrai amici da tutto il mondo per lavorare con una materia prima che nella maggior parte dei casi non hanno mai impiegato cioè il mosto di uve moscato. A fornirlo Vite Colte, una delle cantine di riferimento nell’ambito del Barolo e dei grandi vini piemontesi.

Il progetto sembra fatto apposta per scardinare diversi luoghi comuni a partire dalla definizione di IGA come stile: “ Grazie a un ingrediente come il mosto – spiega – possiamo realizzare IGA in diversi stili senza che per forza debba essercene uno ufficiale”. Poi c’è il vestito scelto: la lattina. “Mettendo in lattina delle birre limited edition, vogliamo far capire a tutti che questo contenitore non è sinonimo di scarsa qualità, al contrario può dare molti vantaggi e conquistare il posto che merita sulle tavole dei migliori ristoranti”.

Infine ci sono loro, i birrai invitati a cimentarsi con la IGA, mettere in gioco la propria filosofia di produzione attraverso un ingrediente come il mosto d’uva e creare così qualcosa di totalmente nuovo. “Quando invitiamo i birrifici – spiega Ivano – progettiamo con loro la birra che andremo a realizzare. Ognuno ci mette competenze, declina la Iga secondo le proprie tradizioni brassicole. Ogni volta, però, è una sfida e una sorpresa, un ricominciare ad ogni cotta”. Le sorprese non mancano, per fortuna, però, sono quasi sempre positive: “Con Wicklow Wolf abbiamo creato una sorta di IPA, una birra per sua natura beverina che il mosto d’uva è riuscito a rendere ancor più interessante senza snaturarla. Insomma, è rimasta una birra non troppo complessa, piacevole, scorrevole ma con in più il fascino aromatico del Moscato”.

La scelta di questo mosto non è casuale sia da un punto di vista tecnico sia gustativo. Da un lato il mosto di moscato è l’unico a disposizione tutto l’anno mentre per gli altri si tratta di una finestra ristretta dopo la vendemmia, il che non si concilia con le esigenze di un progetto che vuol proseguire nel tempo. L’uva moscato poi offre un secondo, importante, vantaggio: essendo un’aromatica, ha profumi molto intensi, sia floreali sia agrumati che possono conciliarsi molto bene con quelli della birra. Un esempio perfetto è quello della IGA Imperial Berliner Weisse realizzata con BRLO, dove l’aromatizzazione tradizionale con la frutta è stata sostituita da quella del mosto. O ancora la birra prodotta in collaborazione con il birrificio norvegese Lervig: il lievito Kveik ha sviluppato in modo importante la parte fruttata della birra a sua volta amplificata dall’utilizzo del mosto d’uva. La presenza di Moor, storico microbirrificio inglese, ha consentito di attingere a piene mani dalla tradizione delle Barley Wine consegnando un prodotto con le classiche note maltate e alcoliche a loro volta ingentilite dal moscato. La IGA realizzata con Wicklow Wolf è riuscita ad esaltare lo stile fruttato delle IPA prodotte da questo birrificio con l’apporto aromatico. Ultima nata la lager creata con il birrificio danese To Øl dove la frutta del moscato arriva gradualmente, partendo dal retrogusto, per poi diventare dominante.

Queste le birre realizzate fino ad oggi. Il progetto Be Grapeful però continua, mantenendo sempre lo stesso format e lo stesso fil rouge, il mosto di moscato. “La prossima cotta sarà a novembre quando ospiteremo un altro birrificio internazionale, mentre con altri stiamo definendo le prossime date” anticipa Ivano.

Il Moscato da sempre è il vino della festa, il calice che celebra un incontro: l’ingrediente perfetto per un progetto – come Be Grapeful – capace di unire birrai, tradizioni, idee.

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