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Dall’archivio di famiglia al bicchiere: rinasce Chantry Well

Origini vittoriane e cuore italiano, per le bibite distribuite in esclusiva da Timossi e 1492 Coloniale Group.

George Young, Morpeth, 1872. Una persona, un luogo, un anno. Potrebbe essere l’inizio di un romanzo ambientato nell’Inghilterra vittoriana. Sono invece le coordinate di una storia affascinante che vede oggi Kay Queirolo e sua madre Lisbeth Watkins titolari del marchio Chantry Well, azienda che produce bibite di pura impronta anglosassone, ma con un cuore 100% italiano.

“Tutto è iniziato durante il Covid, quando ho scoperto che la ricetta del 1872 di una Lemonade che avevo appeso nella mia casa genovese era una delle tante, una quarantina, nell’eredità della nostra famiglia. È stata mia mamma a dirmelo, raccontandomi che il mio trisnonno George Young a Morpeth, in Inghilterra, aveva una fabbrica di bibite. Così si è accesa una lampadina” racconta Kay Queirolo.

Lavorando a stretto contatto con l’ufficio commerciale di Timossi, non sono mancate le sollecitazioni per parlare di questa storia. “Rimettiamo in moto la produzione! Mi ha subito detto Davide Garazzini, con il suo contagioso entusiasmo. Ma quando eravamo pronti per partire, lui è mancato” racconta ancora Queirolo. Un po’ per sfida, un po’ per non lasciare a metà il discorso, Kay ha preso l’aereo per l’Inghilterra e con la mamma è andata a cercare le tracce del trisavolo.

“Siamo stati accolti dal sindaco di Morpeth, che oggi è una cittadina di circa 15.000 abitanti ai confini con la Scozia. Abbiamo scoperto che George Young è stato il sindaco del paese per ben due volte, e trovato il luogo dell’antica fabbrica, che prendeva il nome di Chantry Well, che sorgeva all’interno di un’antica abbazia medievale, oggi adibita a museo di cornamuse”.

Dopo mesi di studi e prove, coadiuvati da Nexus per il compound e da Bubble Bespoke per l’imbottigliamento, e con il supporto commerciale di Sergio Vivace, sono così nate (o, meglio, rinate) nell’estate 2024 le prime tre bibite a marchio Chantry Well, che vanno a posizionarsi in un segmento premium e che sono distribuite in esclusiva da Timossi e 1492 Coloniale Group.

“Per l’immagine coordinata, e in particolare logo – frutto del lavoro di Tommaso Sposito e Marta Lagorio – abbiamo cercato di mantenerli il più verosimili a quelli originali: è stato eliminato il nome George Young per un problema di trademarks, ma si sono volute mantenere le iniziali “GY” e il nome integrale sul collarino, per continuare a far vivere nel tempo questa importante eredità”.


Old Tonic, Pinkpepper Tonic, Ginger Beer: l’assaggio

Anche per quanto riguarda le ricette, si è cercato di riprodurre fedelmente quelle di allora. A partire dall’Old Tonic, caratterizzata dalla nota robusta e avvolgente del chinino, persistente al palato. Una tonica senza mezze misure, dal profilo unico, decisamente amara, che si sposa perfettamente con il gin e altri distillati premium. “Rispetto all’originale, abbiamo ridotto leggermente la quantità di chinino, perché la dose iniziale oggi sarebbe illegale” spiega Queirolo.

Dall’infusione di pepe rosa dell’Indonesia e del Madagascar nella ricetta dell’Old Tonic, nasce la PinkPepper Tonic di Chantry Well. “La nota speziata del pepe è vibrante, ma non invadente. Arriva dopo, imprimendo una profondità aromatica unica. Con Gianluca Grandoni, responsabile Spirits di Timossi, abbiamo fatto tante prove. Quel che più ci ha sorpreso, è la capacità di questa tonica di sposarsi tanto con gin contemporanei dall’anima più esuberante e fruttata, andando ad esaltare le loro note, quanto con gin più intensi e dalle botaniche più erbacee, attenuando le note più spigolose, con risultati strepitosi”.

C’è poi il Ginger Beer. “La nostra ricetta esclusiva prevede l’uso di zenzero fresco di alta qualità, proveniente da fonti selezionate, per donare alla bevanda una nota robusta e appagante. Rispetto ai classici Ginger Beer, la dolcezza è attenuata, per un sorso ancora più rinfrescante”.

Il viaggio di Chantry Well è appena iniziato. Nuovi gusti sono in arrivo.
Stay tuned, ci viene da dire.

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