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Mazzetti D’Altavilla: la modernità della grappa

Una distilleria dal cuore antico che guarda al futuro grazie alla mixology, allo studio di vitigni e invecchiamento e al turismo esperienziale.

Intorno alla metà dell’Ottocento Giulia Colbert iniziava a occuparsi delle cantine in Barolo e a far conoscere questo vino, nella sua versione moderna, in tutta Europa. L’enologia piemontese era ad una svolta epocale, anche se pochi sembravano rendersene conto. Negli stessi anni, qualche collina più a nord, Filippo Mazzetti inaugurava la sua distilleria, per produrre dalle vinacce la grappa. Ci voleva uno sguardo rivolto al futuro per vedere le potenzialità di quel mondo legato al vino che stava allora nascendo. Mazzetti, fin dall’inizio della sua storia, ha avuto questo sguardo lungimirante, accompagnando nella sua evoluzione la storia della grappa, da prodotto di recupero degli scarti della lavorazione del vino a distillato d’élite, da prodotto di ampio consumo nel Dopoguerra a chicca per appassionati e, più recentemente, ingrediente della mixology. Anticipando, in questo, le mode e talvolta inaugurandole.

I vitigni e il tempo

Lo studio della distillazione del singolo vitigno ha accompagnato la crescita qualitativa del prodotto grappa. Negli ultimi decenni le migliori distillerie italiane hanno percorso questa strada. Mazzetti d’Altavilla ha abbinato a questo la prova del tempo, l’invecchiamento, in legni diversi in base al prodotto. Significativo l’esempio del Ruchè di Castagnole Monferrato, sul quale si è concentrata una particolare attenzione per via delle caratteristiche sensoriali di questo vitigno autoctono (un semiaromatico contraddistinto da un intenso profumo di rosa) e della sua storia travagliata che dopo decenni di abbandono lo ha visto salvarsi dall’estinzione grazie a un gruppo di produttori capitanati da Don Cauda, il “parroco del Ruchè”. “Abbiamo lavorato da una parte sull’invecchiamento in barrique e, dall’altra, sulla comunicazione dei suoi punti di forza – spiegano – creando così la Grappa 7.0, il distillato barricato di Ruchè nel quale il “sette” esprime il numero dei comuni dove questa chicca viene prodotta ma, al contempo, anche le generazioni della Famiglia Mazzetti che si sono succedute nella distillazione fin dal 1846 ad oggi. Lo “zero” invece rimanda alla materia prima km0 in quanto la vinaccia proviene dai comuni attigui alla distilleria. Si tratta quindi di prodotto freschissimo, dall’impatto ambientale ridotto grazie all’utilizzo di energia proveniente da fonti naturali certificate”.

Lo studio degli invecchiamenti ha permesso di perfezionare anche altre grappe, affinandole in botti utilizzate originariamente per distillati differenti o vini aromatizzati (previo passaggio in barrique): è nata così la linea “Barrel Finish”. I nomi rimandano alla data di creazione dei distillati e vini aromatizzati che sono stati precedentemente ospitati nelle botti poi impiegate per la grappa: 1786 è la Grappa di Moscato Invecchiata, in botti usate per Vermouth di Torino, 1789 la Grappa di Barolo Invecchiata, nelle botti usate per il Bourbon, 1587 la Grappa di Brachetto Invecchiata, in botti usate per lo Sherry e 1820/21 la Grappa di Moscato Invecchiata, perfezionata in botti usate per il Porto.

La grappa e la mixology

Vent’anni fa Mazzetti d’Altavilla studiava i primi cocktail con la grappa, quando ancora la mixology era una nicchia di consumo per pochi appassionati. Oggi che la grappa può essere stabilmente inserita negli ingredienti di alcuni cocktail di nuova creazione o rivisitati, esiste già un panorama di ricette calibrate su alcuni prodotti Mazzetti. “Pensiamo a El Presidente, twist del celebre cocktail a base Rum, con la Grappa di Barolo Storie di Vitigno o al Mint Julep 7.0 dove al posto del Bourbon viene impiegata la grappa 7.0 di Ruchè”. Il legame con il territorio stretto dalle grappe si rafforza anche grazie ai prodotti dedicati alla miscelazione, come i Gin e gli Amari, “che affondano le loro radici proprio nelle botaniche piemontesi in quanto un tempo il commercio su lunghe distanze non veniva praticato e questo spingeva a valorizzare gli ingredienti locali. Il nostro Gin ha note particolarmente balsamiche, che rimandano alla freschezza delle vallate pedemontane”. Negli Amari sono state riprese due ricette: il Gentile, dato dall’incontro di due miscele a base alcool e grappa, abbastanza amabile e versatile (quindi adattissimo anche alla miscelazione, per esempio al posto del Vermouth nel rivisitare il classico Negroni), e il Forte, per palati che amano invece un gusto più amaricante.

Accoglienza e brandy

Mazzetti d’Altavilla è stata una delle prime distillerie a cogliere le potenzialità dell’accoglienza, aprendo le porte della sua sede, la ”Casa della Grappa” (un antico monastero in cima ad Altavilla Monferrato nell’alessandrino), già alla fine degli anni Novanta. Oggi è una realtà che accoglie migliaia di appassionati all’anno nelle diverse esperienze proposte: degustazioni, visite guidate agli impianti produttivi e alla barricaia, pranzi e cene (nel weekend) presso il Ristorante Materia Prima ma anche eventi aziendali e tour ad effetto come la visita alla Torre Panoramica con degustazione in alta quota abbinata al cioccolato. Il turismo esperienziale è una realtà destinata a rafforzarsi nel futuro. Intanto al profumo delle vinacce distillate per la grappa si aggiungono nuove sfumature. “Stiamo lavorando con gli invecchiamenti speciali ossia il perfezionamento del nostro distillato nazionale in botti precedentemente utilizzate per altri spirits per avere nuovi, originali, connubi”. L’asso nella manica però potrebbe anche essere un altro: il “Brandy Italiano, il distillato di vino 100% italiano e lungamente stagionato che Mazzetti d’Altavilla produce sin dalla prima metà del secolo scorso e che può essere impiegato anche in miscelazione, come ad esempio nell’Horse’s Neck”. La distilleria del futuro non spegne mai la fiamma sotto i suoi alambicchi.

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